Quale Sicilia immaginiamo tra vent’anni? Quali obiettivi pensiamo siano raggiungibili? Possiamo continuare a fare i conti con atteggiamenti ostili alle imprese e apparati politico-burocratici lenti e asfissianti? Il Pnrr sarà solo un ulteriore debito da scaricare sulle spalle dei nostri figli o sapremo cogliere questa opportunità unica per risalire la china? È a queste domande che occorre dare una risposta. Ed è da queste domande che parte il presidente degli industriali siciliani, Alessandro Albanese, provando a delineare quell’idea di futuro che “oggi più che mai non può prescindere da una consapevolezza di fondo: il bene dell’industria, dell’uomo e dell’ambiente è un obiettivo unico da perseguire avendo una visione capace di maneggiare la complessità”. “Le imprese – afferma il leader di Confindustria Sicilia – non sono solo il luogo in cui l’imprenditore esercita l’attività economica, ma sono l’insieme delle persone che le costituiscono, dei manager, dei collaboratori e dei loro valori. Troppo spesso la fabbrica è identificata con un’immagine di inizio secolo: lo stabilimento rumoroso e grigio. Una fotografia che non rispecchia la realtà perché oggi le industrie sono ben altro. Sono tecnologia avanzata, attenzione al rispetto dell’ambiente circostante, valorizzazione delle risorse umane. Un patrimonio dal valore inestimabile per l’intera collettività che le ospita. Le imprese garantiscono una continua innovazione di prodotto, di processo, tecnologica, commerciale, logistica, organizzativa. Alla politica chiediamo, però, le condizioni di contesto per la crescita della produttività: certezza normativa, efficienza e qualità della pubblica amministrazione, trasparenza, infrastrutture adeguate e aree industriali degne di questo nome”. “Perché – gli fa eco Gregory Bongiorno, presidente di Sicindustria, l’associazione di Confindustria che nell’Isola rappresenta sette delle nove province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo, Ragusa e Trapani) – quando si parla di attrazione degli investimenti e tenuta di quelli esistenti, un nodo da affrontare è senz’altro quello relativo alle aree industriali, che versano in uno stato di assoluto degrado, con una oggettiva problematica relativa alla governance. L’Irsap, l’Istituto regionale deputato alla loro gestione manifesta, infatti, limiti strutturali e la legge di riforma tarda ancora ad arrivare. Il risultato è che quelle che dovrebbe rappresentare un motore di attrattività per l’economia dell’Isola al punto tale da essere state inserite nel perimetro delle Zes, le Zone economiche speciali all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative, sono nei fatti luoghi inospitali e privi anche dei servizi essenziali. Una situazione intollerabile soprattutto se si pensa agli standard di sostenibilità e di innovazione che le imprese perseguono quotidianamente”.
La sostenibilità come scelta e come opportunità. Se c’è una consapevolezza sempre più radicata è proprio quella dell’interesse primario e collettivo alla tutela e alla salvaguardia del contesto ambientale e sociale. A partire dalle imprese del settore energetico che giocano un ruolo primario nella sfida della sostenibilità. “Nel campo dell’energia – dice Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa – la Sicilia ha sempre giocato un ruolo importante nello scenario nazionale. Basti pensare che soltanto il polo industriale siracusano raffina il 25% del greggio in Italia e il potenziale di crescita è ancora enorme. Le nostre imprese hanno da tempo affrontato il tema della sostenibilità ambientale, hanno realizzato importanti investimenti e sono pronte a realizzarne altri con l’aiuto delle risorse del Pnrr e degli altri strumenti che il governo dovrebbe mettere in campo per assicurare il processo di de-carbonizzazione. Ma non nascondiamo la preoccupazione sulla volontà del governo nazionale di affrontare il tema dell’energia con un approccio di reale sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociale ed economica. Per questo chiediamo al governo regionale, che ha una maggiore consapevolezza e conoscenza delle problematiche delle imprese locali, di farsi promotore ed esercitare un’azione volta a incentivare economicamente le imprese stesse, costrette ad affrontare investimenti non produttivi in termini di reddito, ma necessari nella direzione della transizione energetica. I tempi sono strettissimi: occorre un continuo e serrato confronto tra politica, sindacati e associazioni di categoria, affinché si evitino errori di valutazione e di programmazione che possano ricadere sullo sviluppo di una intera regione aggravando il divario nord-sud e facendone pagare il maggior prezzo ai giovani, ai quali paradossalmente i provvedimenti di Next Generation EU sono destinati”.
Ridurre il divario Nord-Sud. Il rilancio degli investimenti pubblici e il riequilibrio dei divari territoriali rappresentano alcuni dei pilastri su cui poggia la strategia europea di risposta alla crisi pandemica. Ma nulla sarà possibile se non si parte dalla consapevolezza che, oggi, un imprenditore che opera nel Mezzogiorno, e in Sicilia in particolare a causa dell’insularità, è costretto a sostenere costi di gran lunga superiori a quelli sostenuti dai suoi competitor. “È per questo – sottolinea il presidente di Confindustria Catania, Antonello Biriaco – che occorre portare avanti con determinazione le politiche di coesione territoriale. La decontribuzione Sud, introdotta dalla legge di Bilancio 2021, è una misura di assoluta rilevanza. Grazie a questo incentivo nei primi mesi di applicazione della norma è stato possibile un risparmio complessivo pari a un miliardo di euro. I rapporti di lavoro incentivati hanno registrato nelle regioni meridionali un vero e proprio boom, con 592 mila nuovi contratti attivati. Abbiamo espresso sin da subito il nostro forte apprezzamento verso questa forma di fiscalità compensativa, semplice e automatica, che segna a nostro avviso l’inizio di una concreta politica di riequilibrio a vantaggio del Mezzogiorno. Ora occorre l’impegno di tutti affinché la decontribuzione possa essere stabilizzata nel lungo periodo, oltre la finestra aperta dal Temporary Framework sulla deroga alla disciplina degli aiuti di Stato che la Commissione europea sembra comunque orientata a prolungare fino al giugno 2022. Siamo di fronte ad un momento storico ricco di opportunità: taglio al costo del lavoro, avvio delle zone economiche speciali e risorse del Piano di ripresa e resilienza possono rappresentare il vero punto di svolta per la ripresa dell’economia”.
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